Lettera - LL1.26

Vincenzo Bellini a Vincenzo Ferlito, in Parigi, 18 maggio 1835

Codice identificativo: LL1.26 - All'interno del carteggio belliniano (LL), la segnatura LL1.26 identifica la ventiseiesima missiva in ordine cronologico del primo sottogruppo, che corrisponde alle lettere scritte da Vincenzo Bellini.

Lingua: Italiano di inizio Ottocento con indirizzo in francese

Ubicazione maggio 2018: casa natale, sala B, vetrina 5, ripiano 2, I

Supporto: Carta sottile - Lettera in condizioni fisiche non ottimali, composta da un solo folio compilato da entrambi i lati, piegato in più parti. Sono presenti numerosi buchi di lieve entità che si estendono per tutta la superficie del folio, in particolare nella zona centrale. I bordi sono leggermente rovinati a causa dell'invecchiamento. Sono presenti due lacerazioni di entità maggiore, una nell'angolo superiore destro del fronte, l'altra lungo il bordo inferiore. La carta ingiallita è sottile e senza filigrana. L'inchiostro è sbiadito e tendente al marrone, e da entrambi i lati del foglio è possibile intravedere il testo presente sulla facciata opposta. Macchie di colore marrone sono presenti sia sul fronte che sul retro del folio, probabilmente dovute all'invecchiamento del supporto materiale.

Dimensioni del folio: 1 Folio (Unità di misura: mm) Altezza: 202, Larghezza: 133

Piegature: Sono presenti segni di piegature asimmetriche, che ci indicano che il folio è stato ripiegato più volte. Tra le piegature più evidenti ne abbiamo una al mezzo in orizzontale e altre due lungo le estremità inferiore e superiore. Verticalmente il folio sembra essere stato piegato 4 o 5 volte.

Condizioni fisiche: La lettera è in condizioni fisiche non ottimali.

Numero autori: 2

Forma: Scrittura in corsivo a mano libera abbastanza leggibile a cura dell'autore.

Altre mani: Il retro del folio presenta un'annotazione di seconda mano a matita blu, probabilmente dovuta ad un catalogatore, la quale presenta delle lettere non decifrabili e le cifre 2 4.

Le espressioni tra parentesi e in (rosso) sono informazioni aggiunte in fase di codifica e si riferiscono a persone.

Le espressioni evidenziate in verde si riferiscono a luoghi. (Passa il cursore sopra per leggere più informazioni)

Le espressioni evidenziate in azzurro si riferiscono a termini musicali. (Passa il cursore sopra per leggere più informazioni)

Le espressioni evidenziate in rosa si riferiscono a opere. (Passa il cursore sopra per leggere più informazioni)

Le espressioni evidenziate in arancione si riferiscono a teatri ed enti. (Passa il cursore sopra per leggere più informazioni)

[...] indica parte di testo mancante a causa di lacerazioni del supporto materiale.

Abbreviazioni presenti nel testo sono state riportate fedelmente alla risorsa originale; possono tuttavia essere sciolte singolarmente cliccandoci sopra.

Espressioni arcaiche o ritenute non standard sono riportate in italico.





1 18 : Maggio - rampe de pont de Neuilly Neuilly-sur-Seine Nanterre Paris France N:° 19: bis

2 pres de Paris Paris France à Puteaux Puteaux Nanterre Paris France 346 Puteaux era un sobborgo di Parigi, immerso nel verde e situato sulla rive gauche della Senna. Qui Bellini si stabilì dal 26 maggio al 1° novembre 1834 e di nuovo nel 1835 dall'11 maggio al 23 settembre(giorno della morte) nella residenza di Solomon Levy (o Lewis), un facoltoso ebreo inglese che verosimilmente aveva conosciuto nel 1830 a Milano. Levy, che negli anni 1834-35 si trattenne stabilmente a Parigi, apparteneva alla cerchia delle più ristrette frequentazioni francesi del musicista; risiedeva in un lussuoso appartamento in Boulevard des Capucines, ma possedeva anche la residenza di Puteaux.



3 Mio caro Zio (Vincenzo Ferlito) - Eccomi in campagna per applicarmi

4 e dar tregua ai divertimenti parigini che sono da stancare

5 un Ercole. – Aspetto di giorno in giorno che il Ministro [nota 1] si de =

6 cida pel nuovo Direttore (Louis-Désiré Véron) dell'OperàL'Opéra national de Paris è un teatro pubblico francese posto sotto la tutela del Ministero della Cultura francese. Esso ha come scopo di rendere accessibile il patrimonio lirico e coreografico al maggior numero di persone, e quello di favorire la creazione e la rappresentazione delle opere contemporanee. A questo titolo, l'Opéra, dispone di due sale: l'Opéra Garnier (che ospita la compagnia di balletto stabile del teatro) e l'Opéra Bastille. L'Opéra national de Paris contribuisce inoltre alla formazione professionale e al perfezionamento dei cantanti e dei ballerini, con il suo centro di formazione d'arte lirica e con la celebre scuola di danza di Nanterre. Il settore animazione e giovani elabora ogni stagione un programma pedagogico. per io finire la scrit =

7 tura [nota 2] . - Mai fui ammalato. La fattiga di scrivere

8 l'opera (dal plurale del latino opus, nel senso di “manufatto”) Spettacolo teatrale in cui l’azione si manifesta principalmente attraverso la musica e l’espressione canora dei personaggi. L’opera è un genere complesso, fondato sulla cooperazione tra testo letterario (libretto), allestimento scenico e musica, che ha comunque una funzione essenziale nel caratterizzare drammaticamente il lavoro (drammaturgia musicale). Le differenti possibilità di relazione che intercorrono tra musica, libretto e aspetti scenici rendono pressoché impossibile una definizione univoca di opera. A ciò si aggiungono le difficoltà causate dall’evoluzione compiuta in quattro secoli di storia, dalla presenza sotto una comune etichetta di generi tra loro estremamente lontani, dalle specificità nazionali (sotto il profilo sia drammaturgico sia organizzativo). L’opera nacque nell’Italia del primo Seicento (Firenze, Mantova, Roma) come spettacolo di corte con carattere prevalentemente celebrativo. Dalla fine degli anni trenta, con l’apertura a Venezia dei primi teatri pubblici a pagamento, si impose il modello dell’opera impresariale, che produsse in Italia, con la rapida e diffusa circolazione di cantanti, compositori, scenografi, l’attività di una miriade di sale teatrali sparse sul territorio (dalle grandi capitali dotate di numerosi palcoscenici ai piccoli centri) e una produzione sterminata di nuovi lavori (nel XVIII secolo e nella prima metà del XIX secolo i compositori arrivavano a scrivere tre o quattro novità all’anno). Tale modello si diffuse ben presto in Europa, imponendo nel Settecento – nelle tre declinazioni dell’opera seria, dell’opera buffa e poi dell’opera semiseria – il predominio italiano che perdura ancor oggi nei cartelloni dei teatri di tutto il mondo. mi avea reso debole; il contento sopravenuto

9 dell'esito inaspettato mi scosse in modo che non po =

10 tea
tenere la penna in mano, perché i miei nervi

11 era estremamente affettati. Il successo dei Puritani Opera seria in tre atti. Il dramma storico Têtes rondes et Cavaliers a sua volta era derivato dal romanzo Old mortality (1816) di Walter Scott che fu tradotto in Italia nel 1822 col titolo I puritani di Scozia. Essendo in rotta con il librettista Felice Romani, Bellini accettò il testo approntato dal conte Pepoli, distinto letterato ma che non aveva alcuna esperienza di teatro: l’ultima opera del Cigno fu composta pertanto nell’arco di ben nove mesi, un tempo decisamente ampio durante il quale musicista e librettista lavorarono fianco a fianco nella costruzione dell’impianto drammaturgico.

12 è sempre cresciuto nei saloni tutti: l'effetto anche

13 in cammera è meraviglioso; ma ci vogliono buoni dilettan =

14 ti . Il libro Libro di piccolo formato contenente il testo letterario di un’opera o di altra composizione vocale di carattere drammatico e, per estensione, il testo stesso, costituito dalle parole destinate a essere cantate, in versi o, più raramente, in prosa, dalle descrizioni della scenografia e dalle didascalie relative ai movimenti dei cantanti; può inoltre contenere indicazioni riguardanti uno specifico allestimento dell’opera, il contesto storico della sua prima rappresentazione, a volte, dichiarazioni di poetica dell’autore o degli autori. Molte di queste informazioni, quali il nome del compositore, del coreografo e delle altre figure che collaborarono alla messa in scena della prima rappresentazione, l’elenco dei cantanti e dei ballerini che vi parteciparono, l’organico strumentale, l’esposizione dell’antefatto con la dichiarazione della fonte letteraria, la dedica e la lettera al lettore, hanno oggi un’importanza capitale per la comprensione storica della singola opera e del sistema produttivo in cui essa nacque. Dal punto di vista strettamente letterario, il libretto è da considerarsi principalmente come parte integrante di un’opera d’arte complessiva da cui dipende e che lo trascende. Sebbene in alcuni casi esso tenda a rivendicare una propria dignità letteraria, è innegabile che molti aspetti della sua struttura siano predeterminati dalle esigenze specifiche del teatro musicale (prima fra tutte quella della declamazione cantata) e dalle innumerevoli convenzioni specifiche dei diversi generi operistici e dei diversi contesti storico-sociali. Così, la suddivisione in atti e scene, la successione dei numeri chiusi, la quantità di arie affidate a un personaggio (convenienze), la maggiore o minor presenza di pezzi d’assieme, l’impiego di determinate tipologie metriche e strofiche, ma anche il tipo di soggetto trattato (mitologico, storico o letterario), le modalità del suo svolgimento e del suo scioglimento (tragico o lieto) possono essere ricondotti a convenzioni, rispetto alle quali l’autore può disporre di una maggiore o minore libertà d’azione. Sebbene la paternità del libretto sia generalmente riconosciuta al poeta che lo ha prodotto (librettista), sono frequenti i casi in cui l’intervento del compositore ne modifica in modo sostanziale l’assetto, conducendo a divergenze anche notevoli fra la versione pubblicata e quella riportata in partitura (il che rende opportuno pubblicarle entrambe in forma distinta). Altrettanto significativi sono i casi in cui il compositore decide di contravvenire intenzionalmente alle indicazioni implicite del libretto, per esempio trasformando un recitativo in aria o viceversa, o ancora concependo situazioni musicali che contraddicono palesemente il senso del testo poetico. ha il gran difetto che non è bene dialo =

15 gato : le situazioni sono belle, l'espressioni ripetute,

16 comuni, stupide qualche volta, in una parola si

17 vede che chi l'ha scritto [nota 3] non avea né cuore, né

18 cognizioni per bene esprimere i sentimenti dei

19 suoi personaggi: questo difetto nulla tolse all'esito di

20 Parigi Paris France perché qui le parole non le capiscono; ma

21 toglierà molto all'effetto sui teatri d'Italia: ma

22 se la musica sarà bene eseguita, terrà loco e

23 come canto, e come strumentazione a tale

24 lacuna. - Qui si trova il duca di Carcaci (Mario Paternò Castello) [nota 4] e

25 Giovannino Paternò (Castello) suo zio [nota 5] - Noi siamo stati e siamo

26 sempre insieme: ci divertiamo, perché sono bravissi =

27 mi giovani, cari e buoni: ci amiamo assaissimo,

28 e mi spiace che fra tre o quattro giorni vanno a

29 Londra London Great Britain e ci dobbiamo abbandonare. Il Duca mi die =

30 de novelle di Ciccio (Francesco Paternò Castello) suo zio , che l' incomben =

31 za di salutarmi: voi fatemi il piacere d'andarlo

32 a trovare ed esprimergli quanto io sono commos =

33 so della sua memoria, e dirgli che mi spiace sen =

34 tire che ha abbandonato la musica, e che lo prego di non

35 negarmi il piacere di sapere che i miei Puritani Opera seria in tre atti. Il dramma storico Têtes rondes et Cavaliers a sua volta era derivato dal romanzo Old mortality (1816) di Walter Scott che fu tradotto in Italia nel 1822 col titolo I puritani di Scozia. Essendo in rotta con il librettista Felice Romani, Bellini accettò il testo approntato dal conte Pepoli, distinto letterato ma che non aveva alcuna esperienza di teatro: l’ultima opera del Cigno fu composta pertanto nell’arco di ben nove mesi, un tempo decisamente ampio durante il quale musicista e librettista lavorarono fianco a fianco nella costruzione dell’impianto drammaturgico.

36 restino a lui sconosciuti; ma per giudicarli aspetti

37 che l'opera (dal plurale del latino opus, nel senso di “manufatto”) Spettacolo teatrale in cui l’azione si manifesta principalmente attraverso la musica e l’espressione canora dei personaggi. L’opera è un genere complesso, fondato sulla cooperazione tra testo letterario (libretto), allestimento scenico e musica, che ha comunque una funzione essenziale nel caratterizzare drammaticamente il lavoro (drammaturgia musicale). Le differenti possibilità di relazione che intercorrono tra musica, libretto e aspetti scenici rendono pressoché impossibile una definizione univoca di opera. A ciò si aggiungono le difficoltà causate dall’evoluzione compiuta in quattro secoli di storia, dalla presenza sotto una comune etichetta di generi tra loro estremamente lontani, dalle specificità nazionali (sotto il profilo sia drammaturgico sia organizzativo). L’opera nacque nell’Italia del primo Seicento (Firenze, Mantova, Roma) come spettacolo di corte con carattere prevalentemente celebrativo. Dalla fine degli anni trenta, con l’apertura a Venezia dei primi teatri pubblici a pagamento, si impose il modello dell’opera impresariale, che produsse in Italia, con la rapida e diffusa circolazione di cantanti, compositori, scenografi, l’attività di una miriade di sale teatrali sparse sul territorio (dalle grandi capitali dotate di numerosi palcoscenici ai piccoli centri) e una produzione sterminata di nuovi lavori (nel XVIII secolo e nella prima metà del XIX secolo i compositori arrivavano a scrivere tre o quattro novità all’anno). Tale modello si diffuse ben presto in Europa, imponendo nel Settecento – nelle tre declinazioni dell’opera seria, dell’opera buffa e poi dell’opera semiseria – il predominio italiano che perdura ancor oggi nei cartelloni dei teatri di tutto il mondo. sii [...] tutta completa perché i



1 pezzi che sin'ora sono alla luce, sono brani di pezzi, e

2 senza ordine senza cori Complesso formato da più voci non solistiche che esegue brani all'unisono o, più frequentemente, a più parti; per estensione, il termine indica un brano musicale destinato a essere eseguito da tale complesso, in particolare nel teatro musicale. Il coro divenne una componente fondamentale nell'Ottocento, sviluppandosi in forme sempre più complesse, come i cori doppi, per esigenze drammatiche e spettacolari. , senza recitativi Stile di canto che imita i modi della recitazione parlata. Presente da sempre in tutte le culture e in tutte le epoche . Nel primo Ottocento furono ancora modelli francesi a imporre l'impiego del recitativo strumentato nell'opera seria italiana, in particolare a Napoli; tale pratica, qui accolta da Rossini, si diffuse sul suo esempio fino a diventare esclusiva, mentre il recitativo semplice sopravvisse a lungo nell'opera buffa. Nel corso dell'Ottocento la distinzione tra recitativo e cantabile si andò attenuando, in quanto il primo fu sempre meno usato come connettivo tra i diversi numeri e fu incorporato in essi (v. scena[4]); compositori quali Bellini, Donizzetti e Verdi fecero spesso uso di ampie frasi in stile di arioso, che consentivano di passare più gradualmente dal recitativo al cantabile. Il processo continuò fino alla fine del secolo, quando la distinzione può considerarsi scomparsa. , accorciati quà

3 e là; in una parola, a parigi Paris France stampano da prima i

4 pezzi chiamati per salone Glossa da procurare , e quindi non sono consistono che in qual =

5 che cantilena principale; quindi impossibile di capir =

6 ne il senso e darne giudizio - fra pochi

7 mesi l'opera (dal plurale del latino opus, nel senso di “manufatto”) Spettacolo teatrale in cui l’azione si manifesta principalmente attraverso la musica e l’espressione canora dei personaggi. L’opera è un genere complesso, fondato sulla cooperazione tra testo letterario (libretto), allestimento scenico e musica, che ha comunque una funzione essenziale nel caratterizzare drammaticamente il lavoro (drammaturgia musicale). Le differenti possibilità di relazione che intercorrono tra musica, libretto e aspetti scenici rendono pressoché impossibile una definizione univoca di opera. A ciò si aggiungono le difficoltà causate dall’evoluzione compiuta in quattro secoli di storia, dalla presenza sotto una comune etichetta di generi tra loro estremamente lontani, dalle specificità nazionali (sotto il profilo sia drammaturgico sia organizzativo). L’opera nacque nell’Italia del primo Seicento (Firenze, Mantova, Roma) come spettacolo di corte con carattere prevalentemente celebrativo. Dalla fine degli anni trenta, con l’apertura a Venezia dei primi teatri pubblici a pagamento, si impose il modello dell’opera impresariale, che produsse in Italia, con la rapida e diffusa circolazione di cantanti, compositori, scenografi, l’attività di una miriade di sale teatrali sparse sul territorio (dalle grandi capitali dotate di numerosi palcoscenici ai piccoli centri) e una produzione sterminata di nuovi lavori (nel XVIII secolo e nella prima metà del XIX secolo i compositori arrivavano a scrivere tre o quattro novità all’anno). Tale modello si diffuse ben presto in Europa, imponendo nel Settecento – nelle tre declinazioni dell’opera seria, dell’opera buffa e poi dell’opera semiseria – il predominio italiano che perdura ancor oggi nei cartelloni dei teatri di tutto il mondo. sortirà intera ed allora i buoni dilettan =

8 ti ne potranno vedere le cose cattive e le buone.

9 Non mancate anche di salutarmi la Duchessa di

10 Carcaci, Mara (Maria Scammacca) [nota 6] , e tutto il resto della famiglia.

11 (Francesco) Florimo ha fatto bene rimettervi tutti gli articoli francesi;

12 di già è suo sistema; e poi io ne l'avea pregato;

13 come pure vi ha dovuto rimettere tutti i giornali di

14 Napoli Napoli Italia che ne hanno parlato. - Ringraziatemi

15 Ignazio (Giuffrida Moschetti) per gli bei bottoncini che mi ha inviato,

16 e che spero ricevere fra poco. Ringraziatemi anche

17 estremamente Lidda (Angelica Paola Giuffrida) [nota 7] per la vedutina dell'

18 Etna Etna Catania Sicilia Italia che di già ho qui, e che tante deliziose

19 idee mi ridona; dite ad ambidue che con altra

20 posta io stesso gli scriverò - Veramente mi devono

21 essi qualche rigo, perché io gli ho scritto due

22 volte e non mi risposero - Preparatevi dunque per

23 venir meco a Parigi Paris France : perché io se incontrerò con

24 l'opera (dal plurale del latino opus, nel senso di “manufatto”) Spettacolo teatrale in cui l’azione si manifesta principalmente attraverso la musica e l’espressione canora dei personaggi. L’opera è un genere complesso, fondato sulla cooperazione tra testo letterario (libretto), allestimento scenico e musica, che ha comunque una funzione essenziale nel caratterizzare drammaticamente il lavoro (drammaturgia musicale). Le differenti possibilità di relazione che intercorrono tra musica, libretto e aspetti scenici rendono pressoché impossibile una definizione univoca di opera. A ciò si aggiungono le difficoltà causate dall’evoluzione compiuta in quattro secoli di storia, dalla presenza sotto una comune etichetta di generi tra loro estremamente lontani, dalle specificità nazionali (sotto il profilo sia drammaturgico sia organizzativo). L’opera nacque nell’Italia del primo Seicento (Firenze, Mantova, Roma) come spettacolo di corte con carattere prevalentemente celebrativo. Dalla fine degli anni trenta, con l’apertura a Venezia dei primi teatri pubblici a pagamento, si impose il modello dell’opera impresariale, che produsse in Italia, con la rapida e diffusa circolazione di cantanti, compositori, scenografi, l’attività di una miriade di sale teatrali sparse sul territorio (dalle grandi capitali dotate di numerosi palcoscenici ai piccoli centri) e una produzione sterminata di nuovi lavori (nel XVIII secolo e nella prima metà del XIX secolo i compositori arrivavano a scrivere tre o quattro novità all’anno). Tale modello si diffuse ben presto in Europa, imponendo nel Settecento – nelle tre declinazioni dell’opera seria, dell’opera buffa e poi dell’opera semiseria – il predominio italiano che perdura ancor oggi nei cartelloni dei teatri di tutto il mondo. francese, verrò a Catania Catania Italia , e poi voi

25 ritornerete con me, in uno alla zia Sara (Rosaria Maugeri) , per vedere

26 tutta Italia, la francia e l'inghilterra. - Tante cose

27 affettuose à papà e mammà ed a tutti i miei. I miei

28 allo zio Ciccio (Francesco Ferlito) e sua famiglia tutta, i miei

29 parenti ed amici, e particolarmente il (Giuseppe Alvaro Paternò Castello) [nota 8]

30 e principino Manganelli (Antonino Paternò Castello) , [nota 9] non escluse le sue

31 care e belle figliuoline di Giuliano [nota 10] , come il Seve =

32 ro Senato d'Atene. -



33 Il

34 Vincenzo.



( Il retro del folio presenta un'annotazione di seconda mano a matita blu, probabilmente dovuta ad un catalogatore, la quale presenta delle lettere non decifrabili e le cifre 2 4. )
  1. Bellini si riferiva a un Ministro non meglio specificato, del quale non abbiamo alcuna informazione. (Nota della codificatrice)
  2. Le trattative per la commissione di un’opera da rappresentarsi all’Académie Royale de Musique erano state avviate da Bellini con Louis-Désiré Véron (Parigi, 1798 - 1867), che dal 1831 era direttore dell’Opéra. Véron tenne la carica sino al primo settembre del 1835, quando gli subentrò Charles-Edmond Duponchel (Parigi, 1795 - 1868). (Nota di Graziella Seminara)
  3. Bellini si riferiva al conte Carlo Pepoli, che aveva predisposto il libretto dei Puritani. (Nota di Graziella Seminara)
  4. Mario Paternò Castello (Catania, 1812-Firenze, 1838) nel 1834 – alla morte del padre Vincenzo Emanuele – era divenuto VI duca di Carcaci. (Fonte : Seminara 2017, pagina 495)
  5. Con Mario Paternò Castello, VI duca di Carcaci, vi era a Parigi il giovane zio Giovanni Paternò Castello (Catania, 1805 - seconda metà del secolo XIX), fratello del padre. (Fonte : Seminara 2017, pagina 505)
  6. Baronessa Maria Scammacca (Catania 1790 – prima metà del XIX secolo), figlia di Guglielmo, Barone della Bruca e di Crisciunà, e di Giovanna Arezzo dei Baroni di Donnafugata. Nel 1806 aveva sposato Vincenzo Emanuele Giovanni Paternò Castello (1783 - 1834), V Duca di Carcaci, dal quale ebbe quattro figli tra cui Mario, destinato a diventare il VI Duca di Carcaci. (Nota di Graziella Seminara)
  7. Angelica Paola Giuffrida (Catania, 1811 - 1844), chiamata confidenzialmente “Lidda”, figlia di Ignazio Giuffrida Moschetti e Giuseppa Nicotra e consorte di Gaetano Paola. A lei Bellini dedicò una versione della Cavatina per canto e pianoforte «Dolente immagine di Fille mia». [...] (Fonte : Seminara 2017, pagina 263)
  8. Giuseppe Alvaro Paternò Castello, III principe di Sperlinga e III principe di Manganelli (Catania, 1784 - Napoli, 1836), che fu successore di Stefano Notarbartolo nel ruolo di Intendente del Valle di Catania. (Fonte : Seminara 2017, pagina 506)
  9. Colui che Bellini designava come “principino Manganelli” era Antonino Paternò Castello (1817-1888), che nel 1838 – alla morte del padre Giuseppe Alvaro – sarebbe diventato IV Principe di Sperlinga e IV Principe di Manganelli. (Fonte : Seminara 2017, pagina 506)
  10. Con l'espressione S:n Giuliano, Bellini si riferiva ad una persona, probabilmente allo stesso Antonino Paternò Castello. Tuttavia, non si hanno sufficienti informazioni a riguardo. (Nota della codificatrice)
  • Amore , anno 1894, pagina 362-364
  • Cambi , anno 1943, pagina 553-555
  • Neri , anno 2005, pagina 409-410
  • Seminara , anno 2017, pagina 505-506

LL1.26 - Edizione Digitale Dicembre 2020

Responsabilità di Angelo Mario Del Grosso, Daria Spampinato, Erica Capizzi - Trascrizione di Graziella Seminara

Codifica di Chiara Giurdanella , UNIPI

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