Paese: Italy
Città: Catania
Museo: Museo Belliniano Catania
Codice identificatore: LL1.5
Identificatore: in esposizione Casa Natale, sala B, vetrina 3, ripiano 1, III, a
Oggetto: Lettera
Materiale: Carta sottile senza filigrana
Francobolli o timbro: Non sono presenti francobolli o timbri.
Condizioni fisiche della lettera: Lettera in cattive condizioni fisiche, divisa in tre frammenti. Carta sottile, senza filigrana, colore beige scuro, inchiostro nero. Il testo è scritto in maniera lineare, ad eccezione di un punto in cui l'autore ha aggiunto un'informazione sovrascrivendola ad una riga. La lettera presenta cancellature all'inizio e alla fine del verso.
Numero dei fogli: 1
Altezza: 245mm
Larghezza: 128mm
Caratteristiche del foglio: Il folio è piegato in 3 punti in modo asimmetrico, riportando in questi punti degli strappi.
Condizioni del foglio: Lettera in cattive condizioni fisiche, divisa in tre frammenti. Carta sottile, senza filigrana, colore beige scuro, inchiostro nero.
Modalità di scrittura: La lettera è scritta a mano presentando segni di cancellature nella parte del verso
Vincenzo Bellini, Luglio 1830, Milano
Vincenzo Ferlito, Data sconosciuta, Luogo sconosciuto
(dal plurale del latino opus, nel senso di “manufatto”) Spettacolo teatrale in cui l'azione si manifesta principalmente attraverso la musica e l'espressione canora dei personaggi. L'opera è un genere complesso, fondato sulla cooperazione tra testo letterario (libretto), allestimento scenico e musica, che ha comunque una funzione essenziale nel caratterizzare drammaticamente il lavoro (drammaturgia musicale). Le differenti possibilità di relazione che intercorrono tra musica, libretto e aspetti scenici rendono pressoché impossibile una definizione univoca di opera. A ciò si aggiungono le difficoltà causate dall'evoluzione compiuta in quattro secoli di storia, dalla presenza sotto una comune etichetta di generi tra loro estremamente lontani, dalle specificità nazionali (sotto il profilo sia drammaturgico sia organizzativo). L'opera nacque nell'Italia del primo Seicento (Firenze, Mantova, Roma) come spettacolo di corte con carattere prevalentemente celebrativo. Dalla fine degli anni trenta, con l'apertura a Venezia dei primi teatri pubblici a pagamento, si impose il modello dell'opera impresariale, che produsse in Italia, con la rapida e diffusa circolazione di cantanti, compositori, scenografi, l'attività di una miriade di sale teatrali sparse sul territorio (dalle grandi capitali dotate di numerosi palcoscenici ai piccoli centri) e una produzione sterminata di nuovi lavori (nel XVIII secolo e nella prima metà del XIX secolo i compositori arrivavano a scrivere tre o quattro novità all'anno). Tale modello si diffuse ben presto in Europa, imponendo nel Settecento – nelle tre declinazioni dell'opera seri, dell'opera buffa e poi dell'opera semiseria – il predominio italiano che perdura ancor oggi nei cartelloni dei teatri di tutto il mondo. Riduzione di una partitura operistica (ma anche di oratorio o balletto), consistente nelle parti vocali originali e in una sintesi per pianoforte delle parti orchestrali. Nacque come strumento professionale per cantanti e maestri accompagnatori alla fine del Settecento, ma conobbe grande diffusione nei due secoli successive, in funzione del successo mondiale del genere operistico e dell’allargamento della composizione sociale del pubblico, grazie all’abbassamento dei costi della stampa musicale consentito da tecniche quali la litografia. In questo contesto lo spartito era destinato prevalentemente al consumo domestico dei lavori teatrali più recenti e popolari: si usava infatti pubblicare dapprima solo le sezioni di maggior successo e di più facile esecuzione (arie e duetti), e solo se l’opera si affermava stabilmente nel repertorio veniva pubblicato lo spartito completo. Tali pubblicazioni rappresentavano spesso l’unico tramite tra il mondo del teatro e quanti avevano difficilmente accesso a esso, sia perché abitavano lontano dai maggiori centri di produzione sia per motivi economici; esse costituivano quindi un fondamentale mezzo di diffusione e popolarizzazione del repertorio operistico.
Riduzione di una partitura operistica (ma anche di oratorio o balletto), consistente nelle parti vocali originali e in una sintesi per pianoforte delle parti orchestrali. Nacque come strumento professionale per cantanti e maestri accompagnatori alla fine del Settecento, ma conobbe grande diffusione nei due secoli successive, in funzione del successo mondiale del genere operistico e dell’allargamento della composizione sociale del pubblico, grazie all’abbassamento dei costi della stampa musicale consentito da tecniche quali la litografia. In questo contesto lo spartito era destinato prevalentemente al consumo domestico dei lavori teatrali più recenti e popolari: si usava infatti pubblicare dapprima solo le sezioni di maggior successo e di più facile esecuzione (arie e duetti), e solo se l’opera si affermava stabilmente nel repertorio veniva pubblicato lo spartito completo. Tali pubblicazioni rappresentavano spesso l’unico tramite tra il mondo del teatro e quanti avevano difficilmente accesso a esso, sia perché abitavano lontano dai maggiori centri di produzione sia per motivi economici; esse costituivano quindi un fondamentale mezzo di diffusione e popolarizzazione del repertorio operistico.