Italia, Catania; in esposizione Casa Natale, sala B, vetrina 3, ripiano 1, II. All'interno del carteggio belliniano (LL), la segnatura LL1.3 identifica la terza missiva in ordine cronologico del primo sottogruppo, che corrisponde alle lettere scritte da Vincenzo Bellini.
Sulla busta è indicato l'indirizzo del destinatario della lettera:
Madame Judith Turina
di
Cremone pour Casalbuttano.
Sulla busta è presente anche il timbro di partenza:
VENEZIA
Venezia(about)24:
Mia cara amica(about)Giuditta Turina.
Due sole parole e vi lascio.
La mia salute và bene, ed ho goduto nel
senti
re
da una
lettera di Ceriali(about)[nota],
che la salute
và bene,
e che vi divertite a valsare col
Dotto
re
[nota]: così vi voglio.
Divertitevi senza abuso. Ier
sera
ho cominciate le pruove, ed al nove di
marzo si spera d'[nota] in scena(about).
Addio
mia buona amica(about).
I saluti al caro
Fer
dinado Turina.(about)
L'esser il giorno 9:
di marzo l'
o
nomastico
della buona mamma Francesca[nota],
mi dà delle gran speranze ch'io possa
riuscire.
Frattanto ricordatemi a lei(about),
come alla Rosina(about)[nota]Rosa Bossi Bartolo(about)Bartolomeo Turina,Ceriali(about)[nota], il
Dottore[nota] e tutti di casa.
Voi ricevete i
miei bacia mano e credetemi qual sarò
per la vita
Vostro
amico(about)
Le espressioni evidenziate in giallo sono informazioni aggiunte in fase si codifica
Unità di suddivisione principale di un dramma, di un’opera o di un balletto, che può essere ulteriormente suddivisa in quadri – sezioni di norma caratterizzate da unità di luogo e tempo – e in scene. Implicita nella struttura della tragedia greca, la divisione in atti, di solito cinque separati da intervalli, fu introdotta in epoca romana e fu istituzionalizzata dalle poetiche classicistiche del Cinquecento. Nell’opera italiana si affermarono presto altri modelli: il dramma per musica tra Sei e Settecento era sempre in tre atti (separati da due intermezzi e spesso seguiti da un balloconclusivo), tra Settecento e Ottocento prevalse la divisione in due atti (con un ballo nell’intervallo e un altro in conclusione), nel pieno Ottocento furono adottati modelli che andavano da due a quattro atti, eventualmente preceduti da un prologo.
Stile di canto che imita i modi della recitazione parlata. Presente da sempre in tutte le culture e in tutte le epoche . Nel primo Ottocento furono ancora modelli francesi a imporre l'impiego del recitativo strumentato nell'opera seria italiana, in particolare a Napoli; tale pratica, qui accolta da Rossini, si diffuse sul suo esempio fino a diventare esclusiva, mentre il recitativo semplice sopravvisse a lungo nell'opera buffa. Nel corso dell'Ottocento la distinzione tra recitativo e cantabile si andò attenuando, in quanto il primo fu sempre meno usato come connettivo tra i diversi numeri e fu incorporato in essi (v. scena[4]); compositori quali Bellini, Donizzetti e Verdi fecero spesso uso di ampie frasi in stile di arioso, che consentivano di passare più gradualmente dal recitativo al cantabile. Il processo continuò fino alla fine del secolo, quando la distinzione può considerarsi scomparsa.
(1) Spazio che ospita la rappresentazione teatrale visibile al pubblico, delimitato orizzontalmente dal palcoscenico e verticalmente dalla scenografia. (2) Luogo in cui è ambientata e in cui si sviluppa l'azione drammatica. (3) Unità di suddivisione, spesso numerata, del testo drammatico, caratterizzata da omogeneità di luogo e tempo e definita dall'ingresso e dall'uscita di uno o più personaggi. Le scene, di numero variabile, possono essere raggruppate in quadri se si svolgono con identica scenografia oppure in atti; nel teatro musicale la transizione tra le scene è spesso accompagnata da un interludio strumentale. (4) Nel melodramma del XIX sec., episodio drammatico che combina recitativo, arioso e musica orchestrale, e che costituisce la prima sezione di un numero. Il termine era a volte impiegato (anche nella forma "gran scena") per definire un intero numero solistico, formato da molte sezioni, in cui l'interesse drammatico prevaleva su quello strettamente musicale.